l’autore del secolo

è un format antico quello che ha scelto carrère, autore non giornalista, raccontando il processo ai terroristi responsabili - non esecutori, quelli son morti - degli attentati a parigi nel novembre del 2015. “il processo del secolo”, è intitolata la serie.

ogni sabato, su robinson, per almeno nove mesi infatti verrà ripreso il racconto dello scrittore francese, testimone in aula del processo. siamo al terzo numero e io li sto raccogliendo come facevo un tempo con le figurine. una roba d’altri tempi, dicevo, ma ben precedente anche alle mie figurine — un format alla arendt, alla capote, gente con le palle che con le parole ci fa quello che vuole.

bisogna conoscerlo un po’ questo geniaccio di emmanuel, per apprezzare fino in fondo la dolorosa operazione cui vuole sottoporsi. bisogna aver letto l’avversario, ad esempio, per capire quanto il suo masochismo intellettuale (una follia da actor’s studio) lo possa spingere a voler entrare con entrambe le zampe nella testa dell’omicida, ma bisogna anche aver letto yoga per sapere quanto la sua sensibilità sia dovuta anche alla malattia mentale, quanto la sua capacità di soffrire sia radicata nell’inchiostro della sua penna come nel sangue delle sue vene. 

non ho studiato lettere, quindi non mi lancio dove non devo, ma anche senza un pezzo si carta ad attestarlo, sono laureato da lettore di carrère, e mi basta. 

perché è l’autore che mi ricorda sempre che non sono solo, che si può parlare dei propri limiti e delle proprie fragilità senza avere nulla da temere, mi ricorda che scrivere è un atto di coraggio se fatto con il cuore libero e la mente aperta. 


sceglie questo format antico, il geniaccio di carrére, perché non si stufa mai di mettersi alla prova e dunque si sottopone al supplizio di nove lunghi mesi di tortura del cuore e dell’anima perché - come suo solito - vuole capire. capire per noi, che non abbiamo più voglia né tempo da dedicare alla mostruosità del mondo, sacrificandosi per i pochi, ahimè, che avranno il privilegio di leggerlo. 


è di una bellezza e di una forza smisurata il gesto di carrère, che quasi mi vergogno di raccontarlo con lo stesso mezzo che lui usa per esercitare quella che evidentemente è ben più di una professione, ma vocazione civile, poesia dell’uomo. 

e quindi ho già detto troppo. ma non potevo farne a meno. 

quanto è straziante quello che ci racconta. quanta verità e quanto dolore può esserci nell’appuntamento che il massacro si è dato in una notte parigina, nell’insensatezza di fermare la vita a chi non conosci in nome di ciò che non conosci.

e poi c’è lui, sei anni dopo, a raccoglierne i cocci e, come fanno i giapponesi, a ricomporli con mano ferma, di oro colato. 

parole: 458

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