la penna di carolina

a carolina era rotolata una penna per terra. era una bella penna, lo so anche se non posso ricordarmela con precisione. la raccolsi e la riposi con finta nonchalance nel mio astuccio. ma carolina se n’era accorta e cominciò a piagnucolare senza ritegno interrompendo la lezione. il maestro di inglese (me lo ricordo, anni dopo sarebbe stato molto generoso nei miei confronti) si accigliò, tranquillizzandola sul fatto che a fine lezione avremmo fatto i conti. e così accadde, infatti.
mi chiese dunque conto del furto e io sostenni con fermezza, le gote in fiamme, che carolina non avrebbe potuto dimostrare la proprietà della penna: “c’è forse scritto sopra il suo nome?” domandai con la convinzione che si addice alla cattiva fede.
“no,” rispose il maestro “ma dammi una sola buona ragione per la quale carolina dovrebbe mentire se la penna non le appartenesse.” era molto arrabbiato.

ragionevolmente la verità stava nel mezzo. io non potevo dimostrare che la penna fosse mia, come lei non poteva dimostrare che fosse sua. ma insistere da parte mia avrebbe richiesto un pelo sullo stomaco che non possedevo allora e che continuo a non possedere oggi (avrei potuto ad esempio rispondere “perché è una bella penna”, per esempio). non ero stato cresciuto così. quell’episodio, talmente lontano da risultare nella mia memoria quasi farsesco, ancora oggi mi fa vergognare (come alcuni sporadici altri casi che seguirono negli anni) in un modo inspiegabile. ero un bimbo, ma ero in cattiva fede.

resi la penna a carolina, che tra l’altro mi piaceva. a un certo punto mi ero pure confessato con un bigliettino, non ricordo se prima o dopo l’episodio della penna.

per anni ho temuto che l’idea che il maestro si fosse fatto di me avrebbe avuto ripercussioni sulla reputazione della mia famiglia, che potesse ripercuotersi nella sua mente sull’educazione che i miei genitori mi avevano impartito. non credo accadde, infondo ero un bambino. e i maestri delle medie lo sanno bene.


perché lo sanno, vero?
forse dovrei scrivergli.

(è la prima volta in vent’anni che vuoto il sacco sulla penna di carolina)

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