Correre la città

Non potrò dire di conoscerla bene, ma dopo qualche anno di frequentazione, questa città la mastico. Dai quartieri residenziali, attraverso il cuore più turistico, ponte dopo ponte, fino a raggiungere le spiagge più battute da amici e famiglie la domenica.

Stoccolma è una città da percorrere a piedi, la sua estensione lo permette, ma correrla è un bell’azzardo, su e giù per ponti e colline, come difficilmente capita di trovarne in altre capitali europee. Forse soltanto Lisbona la eguaglia per dislivelli.

Camminare una città restituisce la sua complessità; correrla instaura invece un rapporto di fiducia reciproca. Mi ricorda quel matto di Herzog e la sua scuola di cinema, il cui primo requisito per accedervi è, tutt’oggi, la volontà di raggiungerla a piedi, da qualsiasi parte del mondo si provenga.

Correre una città (che non sia la propria) è un atto d’amore che instaura un rapporto viscerale di scambio con le sue vie, i suoi abitanti, i suoi negozi, i suoi palazzi.

Stoccolma mi ha insegnato che non puoi dire di conoscere veramente un luogo, se non l’hai attraversato correndo almeno una volta per intero. La fatica, come nei rapporti, è una precondizione del sentimento reciproco. Senza fatica è una sveltina. Roba per chi manca di immaginazione.

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