Paul: mio, nostro

Per mia nonna non era Fred Buscaglione e basta, era “il mio Fred Buscaglione”, perché gli voleva così bene da possederne almeno un po’. Come era “il mio Checco”, che era a tutti gli effetti un suo parente, una delle persone che amava di più al mondo. L’uso del pronome possessivo indicava per lei un attaccamento emotivo preciso ed esclusivo, perché Fred Buscaglione era suo e allora ti metteva nella condizione di non poterlo dire “mio” a tua volta, perché Fred Buscaglione era già preso. Era suo e basta. Si tratta di una forma un po’ antica, credo, perché oggi nessuno direbbe “la mia Taylor Swift” o “il mio Mahmood” forse perché abbiamo superato quella fascinazione per le celebrità di un tempo, che erano poche e mostravano di sé soltanto il lato più umano.

Per me invece è sempre stato “il mio Paul Auster”, anche se non ho mai utilizzato questa formula ad alta voce. Una delle pochissime figure pubbliche con le quali ho sempre sentito di intrattenere una sorta di relazione personale. Come se ogni libro che avesse scritto fosse soltanto per me. Come se fossimo amici, come se fossi tra i primi che lui voleva leggessero il suo prossimo romanzo. E quando leggevo le sue storie mi sentivo capito, mi sembrava che ci fosse un poco di me in mezzo a tutte quelle parole. Il mio Paul Auster sapeva bene come piacciono a me i romanzi, quali personaggi mi appassionano di più, i finali capaci di emozionarmi.

La capacità di intrattenere un rapporto tanto intimo con i propri lettori è un talento raro, è saper dare loro la sensazione di conoscerli nel profondo, grazie alla meravigliosa abilità di trattare temi universali.

C’era ancora tanto bisogno di Paul Auster. E ora che non c’è più, alcune delle sue pagine più belle non verranno più scritte. Ed è un guaio. Un grandissimo guaio. Anche per chi Paul Auster non l’ha letto mai. Infondo, se Roma bruciasse sarebbe un guaio anche per chi a Roma non c’è stato mai. Che gli importi o meno. Certi autori sono beni universali. E, allo stesso tempo, personali. Come il mio Paul Auster. Come il nostro Paul Auster. Che oggi vola più alto dei grattacieli della sua New York. Come l’orfano Walt di Mr Vertigo, che diceva: “Dopo tutto, i libri arrivano solo fino a un certo punto. Viene il momento in cui devi provare le cose sulla tua pelle.” E allora buon volo, Paul. È andata così.

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